08 dicembre 2008

Latte alla spina, è allarme batteri

Ammalarsi alla ricerca del latte perduto tra voglia di risparmio, nostalgia del passato e desiderio di cibi naturali. Finire in ospedale, con i reni danneggiati tanto da rischiare la dialisi, per aver bevuto senza cuocerlo prima, un bicchiere di latte crudo, di quello che arriva dritto dalla stalla e viene venduto nei distributori automatici che si moltiplicano sono ormai pi di duemila fuori dalle aziende e nelle nostre città. È accaduto a nove bambini, colpiti negli ultimi due anni dal batterio Escherichia coli 0157 che causa diarrea con crampi addominali e nel 4% dei casi può portare a gravi complicazioni renali. Scatta l'allarme latte crudo dopo i 9 casi denunciati e si muove il ministero del Welfare che annuncia l'obbligo di inserire la dicitura bollire sui distributori alla spina minacciando la sospensione della vendita sino ad allora dopo che nell'estate il ministro dell'Agricoltura Luca Zaia, loro grande fautore, aveva proposto di installarli nei parcheggi dei supermercati. Ci sarà anche lui in prima fila alla riunione di urgenza convocata per mercoledì dal sottosegretario alla Salute Francesca Martini che martedì incontrerà il Consiglio superiore di sanità per valutare la situazione in un paese che ogni anno produce 10 miliardi e 800mila litri di latte. Allarme, riunioni, Coldiretti e Confagricoltura che difendono i produttori «siamo in piena regola rispetto alle leggi», pronti ad aggiungere se richiesti diciture uguali in tutte le regioni mentre l'Aduc, l'associazione dei consumatori condanna «la moda del latte sfuso che ci riporta indietro di cent'anni». Eppure, dicono gli esperti, sarebbe bastato poco ad evitare paura e malori: bollire il latte comprato, chiarire le idee alle gente che ha cambiato velocemente abitudini dando troppe cose per scontate. «Latte crudo, fresco, a lunga conservazione, filtrato, la gente non sa più la differenza tra latte pastorizzato e crudo. Il primo, fresco o a lunga conservazione, è bollito, quindi i germi patogeni sono stati uccisi dal calore. Quello crudo o viene direttamente dalla mucca senza trasformazioni e quindi andrebbe come una volta cotto per sicurezza e tutto sarebbe risolto», sottolinea il professor Cannella, docente di scienze dell'alimentazione alla Sapienza che ha stilato il parere per il ministero sui rischi potenziali del latte crudo. Tutto è cambiato, troppo in fretta. «Quando eravamo piccoli non esisteva il latte pastorizzato, mia madre dalla stalla lo metteva sul fuoco prima di farcerlo bere», ricorda Giuseppe Grasselli, che nella sua azienda in provincia di Reggio Emilia munge ogni giorno 50 vacche e produce 15 quintali di cui 300 venduti alla spina. Da allora sono passati decenni. E arrivata la tecnologia, la grande distribuzione col prodotto pastorizzato che non ha più bisogno di essere cotto e la tradizione si è persa. A ricambiare le carte in tavola, la crisi che negli ultimi mesi ha fatto crescere in maniera esponenziale i punti di vendita coi distributori di latte perché, come diceva il ministro Zaia, «tagliando la filiera risparmia il cittadino e l'agricoltore guadagna di più». Perché il prezzo medio di un litro alla spina è di un euro, quasi la metà di alcuni latti industriali. Non solo la crisi ha portato a cambiare i consumi. «E importante il fattore economico ma la gente cerca anche i buoni vecchi sapori, la naturalità, freschezza, autenticità. Voglia di ecologia, nostalgia e risparmio, spingono a puntare sui piccoli produttori, c'è l'idea di maggior cura anche se può essere solo un mito», dice Vanni Codeluppi, docente di sociologia dei consumi all'università di Modena e Reggio.
(laRepubblica.it, 05 Dicembre 2008)

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