31 gennaio 2011

Buzz Aldrin, s/t (10)
in streaming qui
bauhaus dark punk italoanglofono

MIM?

30 gennaio 2011

david sylvian


Manafon (09)
siamo al grado zero del concetto di canzone. altro che minimalismo. non si ascolta. si vive.
cmd+canc

Sleepwalkers (10)
ho bisogno di atmosfere più orecchiabili, come queste.
★ ★ ★

N.C.S.

N.E.R.D., Nothing (10)
non fanno quello per cui sono bravi: musica orecchiabile (commerciabile?) che spacca. Tipo Party People o Hot-n-Fun.
per lo più trascurabile.
cmd+canc


Antony and the Johnsons, Swanlights (10)
lagnoso. a volte due indizi fanno una prova.
cmd+canc

26 gennaio 2011

Cosmetic - In ogni momento EP

cmd+canc

boogie/3

It's All Good
street photographer duro, diretto, senza compromessi
★ ★ ★ ★ ☆

25 gennaio 2011

boogie/1 & 2

São Paulo
★ ★ ★
Belgrade Belongs To Me
★ ★ ★ ★ ☆

24 gennaio 2011

D. Eggers, La fame che abbiamo (How We Are Hungry, 04)

racconti. alcuni esercizi di stile, alcune cose interessanti, altre meno.
★ ★ ★

p. 39
DIO: Sei mio come mie sono le caverne.
L'OCEANO: Una volta, forse. Adesso no.
DIO: Verrò da te, ti congelero, ti spezzerò.
L'OCEANO: Mi dispiegherò come ali. Io sono un miliardo di minuscole piume. Tu non hai idea di ciò che ho passato. 


GOD: I own you like I own the caves.
THE OCEAN: Not a chance. No comparison.
GOD: I made you. I could tame you.
THE OCEAN: At one time, maybe. But not now.
GOD: I will come to you, freeze you, break you.
THE OCEAN: I will spread myself like wings. I am a billion tiny feathers. You have no idea what's happened to me. 

D. DeLillo, Great Jones Street (73)

opera non riuscita, fiacca. gli americani che scrivono di rock a volte sono come gli italiani che parlano di calcio
★ ★















p. 34
In strada, qualcuno stava picchiando con un martello. Il rumore era pulsante, accompagnato da echi quasi liquidi, e ben presto venne affiancato da quello di un secondo martello a un isolato di distanza, colpi massacranti come onde concentriche, probabilmente dalle parti di Bond Street. Il più rumoroso dei due era il più lontano, e ascoltati insieme parevano disegnare un tracciato in lenta espansione, di tempo, silenzi e riverberi, ciascuno dei quali fluiva negli altri ad ammorbidire l'aria pietrificata, finché uno dei due martelli tacque e l’altro si fece ancora più brutale.

p. 109
Sig.ra Olmstead: Lei si considera un artista?
BW: Il vero artista fa muovere la gente. Quando la gente legge un libro o guarda un quadro, se ne sta lì ferma.
In piedi o seduta, ma ferma. Secoli fa era okay, era giusto cosi, l’arte era quello. Adesso è diverso. Io faccio muovere la gente. Il mio sound gli fa alzare il culo. Sono io a farglielo alzare. Cercate di capirmi. Sono io. In realtà, pero, a me piacerebbe fare del male fisicamente a1 pubblico con il mio sound. Magari ammazzare qualcuno. La gente verrebbe ai concerti perfettamente consapevole di questo. Noi cominciamo a cantare e suonare e qualcuno nel pubblico sente dolore fisico o magari ha le convulsioni e qualcuno addirittura ci lascia la pelle per effetto delle nostre musiche e dei nostri testi. Non è mica facile generare il sound giusto al volume giusto. Pensate, la gente che crolla a terra dal dolore. E tutti verrebbero a1 concerto con la piena consapevolezza che può succedergli. Gente che muore di bellezza e potenza. L’arte è questo, bimba. E sono io a crearla.
Sig. Niles: A questo punto mi viene il dubbio che lei parli seriamente solo per metà.
BW: Quale delle due?
Sig. Bakey: Non stara cercando di dire, o forse sta proprio cercando di dirlo, che si limita a fare un grande rumore ed è esattamente questa la formula o l’ethos wunderlickiano?
BW: La storia della mia vita è tutta venata di malinconia. Più faccio muovere la gente e più mi avvicino all’inerzia personale. Quando vedo il pubblico saltare come salta o tenersi la testa fra le mani nel modo in cui vedo che tende a stringersi la testa fra le mani, ho addosso come un senso di malinconia, perché io per primo mi sento esausto di tanto movimento e vorrei proprio mettermi contro un muro e diventare assolutamente inerte.
Sig. ra Hall: Senz’altro.

p. 141

14

L’hashish fumato negli alberghi ha sempre qualcosa di malefico. Ricordavo la sensazione di avere il centro della testa occupato da qualcosa che cercava di espandersi, di uscire esercitando una pressione spaventosa. Ci trovavamo in vari motel tra un volo e l'altro, o tra un concerto e l’altro, o tra un volo e un concerto e cosi via. Il motel non era mai lo stesso, ma le giornate erano sempre identiche, dovunque ci trovassimo. La tensione dell'attesa non aveva mai spigoli: era un unico sconfinato piano bidimensionale di tempo privo di soluzioni di continuità. In genere ci trovavamo alla periferia di qualche grande centro abitato (non necessariamente una città) e ce ne stavamo seduti per terra o sul letto, mai sulle sedie, ad aspirare hashish di pessima qualità in attesa che l'immancabile limousine uscisse dal suo parcheggio tra le boscaglie di plastica, un elegante carro funebre destinato a contenere sei o sette fra musicisti, road manager, bionde altissime dalle gambe perfette, quasi tutti in abiti vecchi e logori, jeans da barbone e stivali scalcagnati, tutti impregnati di marijuana, occupati a orientarsi in mezzo alle incoerenze della vita per poi scoprire che l'impresa è impari.
Ma sono soprattutto le camere in cui si dipanava questa nostra attesa che ricordo bene. Di un anonimato che sembrava possedere un centro precise, un segreto distante, raggiungibile solo per mezzo delle energie sguinzagliate da certe droghe. L'hashish, in un ambiente simile, era strano, sembrava una droga fasulla e tecnologica fabbricata e commercializzata sotto controllo statale, quasi un'arma tattica creata da un inventore dilettante al più infimo dei livelli industriali. Non c'era piu nulla di sicuro, né via certa per raggiungere il centro. In quei momenti ero terrorizzato e completamente immobile, diffidente di chiunque si trovasse con me nella camera, mi sentivo appesantire con ogni secondo che passava. Mi sembrava di avere nel cranio una specie di motore organico e pulsante. Spesso facevo del mio meglio per uscire da quella congiuntura di terrore e sballamento usando la razionalità. Ma le zone di pressione erano troppe e troppo concentrate, in quell'universo c'era troppa gravità, e per quanto non riuscissi mai a riconciliarmi con l'orrore finale, non ero mai in grado di resistere alla verità del fatto che gradualmente mi trovavo sussunto in categorie ancora più immote, quelle a cui appartenevano la sedia, il letto, la stanza o tutto il motel in cui mi trovavo volta per volta. (È stato durante una di quelle mezze ore di follia pensosa che ho create il nome «Transparanoia» per battezzare il nostro coacervo di holding, fiduciarie, acquisizioni e cabale finanziarie, che si espandeva come una macchia di inchiostro.) Nella più anonima delle camere nulla era comprensibile. Aspettavamo di venire accompagnati a uno stadio, a un centro congressi, a un teatro o palazzo dello sport e poi collegare gli strumenti agli amplificatori, e poi sentirci percorrere il sangue da quel ronzio beneaugurante di corrente elettrica, dare al pubblico il sangue che desiderava, vergini cieche nude su piedistalli di polistirolo, venditori di medicine antiche, maestri della trance, stoici che esibivano al mondo i buchi nelle vene, assassini di lama e di veleno, e i cervelli fondevano nel nostro sound sinuoso, in un ululato elettrico e le vecchie urlavano sulle sedie a rotelle, i bambini travestiti da donna, i banchieri dementi, i mercanti di vino e gli stupratori di bambini, i mistici in calore, i ragazzotti traslucidi che palpavano le tette alle mogli dei missionari. Folle che si accalcavano una contro l'altra, incatenate a una storia invisibile, e i piu giovani di quel pubblico erano ben consapevoli che fra i bisogni umani ce n'è uno superiore a tutti gli altri, vale a dire il bisogno di essere illetterati in un mondo di parole che si cancellano da sole.

J. Ellroy, Corpi da reato (99)

mucchio di ritagli di racconti, scarti, lavori preparatori per romanzi. ma la potenza di el roi c'è.
★ ★ ★








p. 39
Mi portavano al cinema e mi incitavano a leggere libri. Mi raccontavano storie di ogni tipo. Mi rimpinzavano di trame. Sono cresciuto all’epoca del film noir e nell’epicentro del film noir. Leggevo Confidential, Whisper e Lowdown gia prima di imparare ad andare in bicicletta. Mio padre diceva che Rita Hayworth era ninfomane. Mia madre faceva da balia a vecchi attori alcolizzati. Mio padre mi indicava gli specchi trasparenti dell’Hollywood Ranch Market e mi diceva che servivano a spiare i taccheggiatori e a beccare in flagrante i maneggi degli omosessuali. Vidi Plunder Road e The Killing e appresi che i colpi perfettamente organizzati finiscono male perché i rapinatori sono dei perdenti autodistruttivi che giocano una partita a scacchi predestinata contro l'autorità costituita.
Johnnie Ray era checca. Lizabeth Scott era lesbica. I musicisti jazz erano tutti dei tossici. Tom Neal scempiò a legnate Franchot Tone per un sorcone biondo di nome Barbara Payton. L’Algiers Hotel era un rinomato "scopatoio". Un nano carogna di nome Mickey Cohen controllava i racket di Los Angeles dalla sua cella nel penitenziario di McNeil Island. In realtà Rin Tin Tin era femmina, in realtà Lassie era maschio. Los Angeles era un inferno fuligginoso che orbitava sotto una stella buia, accecato dal bagliore dei flash dei giornali scandalistici. Un abitante su tre era guardone o ladro o omosessuale o truffatore o fiuta mutande o prostituta o strafatto di ero o strafatto di anfe o magnaccia. Gli altri due terzi della popolazione erano composti di culistretti che cercavano di resistere all’impulso di sbirciare, rubare, truffare, omosessuare, strafarsi di ero/anfe, fiutare mutande. Tale abnegazione di massa aveva provocato una dislocazione sismica con conseguente scostamento di sei gradi di Los Angeles rispetto all’asse centrale del pianeta Terra.
A nove anni conobbi una versione concentrata di quanto sopra. La conobbi perché a Los Angeles ci ero nato e perché i miei genitori mi raccontavano storie di ogni tipo e bugie di ogni tipo. La conobbi perché leggevo libri e andavo al cinema e perché al Vangelo della Chiesa Luterana preferivo i giornali scandalistici. La conobbi perché il 22 giugno 1958 qualcuno trucidò mia madre e riuscì a passarla liscia.


p. 183
La morte di mia madre corruppe la mia immaginazione e corroborò la mia idea che in realtà esistessero due Los Angeles. Due Los Angeles parallele. Io razzolavo nell’artificiosamente integra Los Angeles. Visibile. Evocavo la Los Angeles Segreta come antidoto alla noia della Los Angeles Visibile.
La Los Angeles Segreta era SESSO. Era l’orrore e l’emozione di un bambino che sbatte il muso contro l’evidenza dell’esser nato da una scopata. Era la risata empia di mio padre e il decostruzionismo dei giornali scandalistici. I giornali scandalistici mostravano la fragilità e la disponibilità dei belli & mondani. I belli & mondani erano spinti e guidati da banalissima lascivia. Le loro pulsioni ce li avvicinavano. Se una certa sera il vento soffiava in un certo modo potevi avere la fortuna di fartene qualcuno.
La Los Angeles Segreta era CRIMINE. Era Stephen Nash che massacrava un ragazzino sotto il molo di Santa Monica. Era Harvey Glatman e le scalcinate fotomodelle che si divertiva a strangolare. Era Johnny Stompanato accoltellato dalla figlia di Lana Turner due mesi prima della morte di mia madre.
Il 22/6/58 il CRIMINE si fuse col SESSO. La mia Los Angeles Segreta annichilì quella Visibile.
Ci ho abitato per trentanove anni. Ho ricostruito la Los Angeles degli anni Cinquanta sia nella mia mente sia nei romanzi che ho scritto. Non ci ero venuto spregiudicato e non ne sono ripartito pregiudicato. Ho abitato nella Los Angeles letterale e ho sognato la mia Los Angeles personale. Dalla Los Angeles letterale me ne sono andato sedici anni fa. Ormai mi era troppo familiare. Dalla Los Angeles Segreta me ne sono andato un romanzo e un memoriale fa. Ero fermamente deciso ad abbandonare Los Angeles come scena narrativa. Correvo il rischio di abusarne.
Poi sono finito daccapo nella Los Angeles del ‘53. Un uomo ha fatto un film e ha ripristinato il mio ergastolo a Los Angeles.

buffo

Gold Panda, Lucky Shiner (10)
questo non lo conosco, a pelle mi sta simpatico ma la sua musica non mi piace.
smanettyno.
cmd+canc

Eminem, Recovery (10)
questo lo conosco mi sta un po' sulle palle ma sto disco mi piace, si è ripreso (a proposito del titolo).
★ ★ ★
Miles Davis Quintet - Live in Rome & Copenhagen 1969 (10)

17 gennaio 2011



shackleton - fabric 55

★ ★ ★

                           

joan as police woman - the magic
Social Distortion - Hard Times And Nursery Rhymes by Epitaph Records

16 gennaio 2011

15 gennaio 2011

Willis again

a proposito del disco di Willis
voce calda e duttile
meglio quando è frizzante ritmata e positiva
tra tracy chapman portata a 45 giri e 4 non blondes più blues
★ ★ ★ ☆

GOD: I own you like I own the caves.
THE OCEAN: Not a chance. No comparison.
GOD: I made you. I could tame you.
THE OCEAN: At one time, maybe. But not now.
GOD: I will come to you, freeze you, break you.
THE OCEAN: I will spread myself like wings. I am a billion tiny feathers. You have no idea what's happened to me.
(Dave Eggers, How We Are Hungry)

a milano

ieri maroni, oggi travaglio.
piccolo il mondo.

14 gennaio 2011

Informazione imparziale e indipendente

Il bunga bunga ha fatto flop - Caso Ruby, il Csm archivia: il bunga bunga era una bufala
(il giornale, 13/1/10) 

Berlusconi indagato per il caso Ruby. "Rapporti quando lei era minorenne"
(stampa.it, 14/1/10)


Siriusmo
Feromonikon / Signal

Il futuro dell'Italia passa (anche) da qui



Bisogna studiare in università scientifiche "piuttosto che tanti corsi di laurea inutili come Scienze delle Comunicazioni (sic) o in altre amenità" che non aiutano a trovare lavoro.
Mariastella Gelmini, Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, laureata in Giurisprudenza, notoriamente facoltà tecnico-scintifica



"Abbiamo bisogno di ingegneri, abbiamo bisogno di tecnici importanti. Una sola preghiera: non vi iscrivete a Scienza della comunicazione (sic), non fate questo tragico errore, che paghereste per il resto della vita."
 Bruno Vespa, giornalista della TV pubblica italiana dal 1962. Televisione, ergo comunicazione. Laureato in Giurisprudenza.

Qui un commento a riguardo.
Qui uno studio 2009 dell'ISTAT a riguardo.

10 gennaio 2011

appunti

per marchiarsi la pelle

Endless Boogie, Full House Head (10)

questo è il revival della psichedelia seventies che ci piace.
tenere.

05 gennaio 2011

Mangiare

le carote in attesa di andare a lavorare, ascoltando la radio che passa la canzone più bella del mondo. ogni tanto accadono piccole gioie come questa

04 gennaio 2011

Queens Of The Stone Age, Rated R : Deluxe Edition (10)

inessenziale; la roba in più non è indispensabile, accessoria anche per i fan. credo.

03 gennaio 2011

P. Sorrentino, L'amico di famiglia (05)

in tv.
uno strozzino, sua madre, i soldi, gli strozzati, una truffa.
★ ★ ☆

S. Mendes, American Life (Away We Go), (09)

per oscuri motivi abbiamo rischiato che questo spettacolare film di sam mendes non arrivasse in italia, o fosse distribuito solo in dvd. e invece con un anno e mezzo di ritardo appare nelle sale e per fortuna, perché è un piccolo grande gioiello. grazie a g. per averlo suggerito

mi piacciono le commedie americane agrodolci. per affinità mi ricorda Little Miss Sunshine

si ride (più che in un film comico), si sorride, si annuisce, si scuote la testa c'è il viaggio e anche il sentimento antico, l'ammre. è come il film se fosse diviso in due parti, una ironica e un'altra sentimentale. si mescolano bene, a parte il finale forse un po' banale ma non troppo. i protagonisti vengono schiacciati da un camion guidato da bin laden

scritto dalla coppia (anche nella vita) di autori dave eggers (che un pizzico (...) di autobiografia ce la mette) e vendela vida

★ ★ ★ ☆