24 gennaio 2011

J. Ellroy, Corpi da reato (99)

mucchio di ritagli di racconti, scarti, lavori preparatori per romanzi. ma la potenza di el roi c'è.
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p. 39
Mi portavano al cinema e mi incitavano a leggere libri. Mi raccontavano storie di ogni tipo. Mi rimpinzavano di trame. Sono cresciuto all’epoca del film noir e nell’epicentro del film noir. Leggevo Confidential, Whisper e Lowdown gia prima di imparare ad andare in bicicletta. Mio padre diceva che Rita Hayworth era ninfomane. Mia madre faceva da balia a vecchi attori alcolizzati. Mio padre mi indicava gli specchi trasparenti dell’Hollywood Ranch Market e mi diceva che servivano a spiare i taccheggiatori e a beccare in flagrante i maneggi degli omosessuali. Vidi Plunder Road e The Killing e appresi che i colpi perfettamente organizzati finiscono male perché i rapinatori sono dei perdenti autodistruttivi che giocano una partita a scacchi predestinata contro l'autorità costituita.
Johnnie Ray era checca. Lizabeth Scott era lesbica. I musicisti jazz erano tutti dei tossici. Tom Neal scempiò a legnate Franchot Tone per un sorcone biondo di nome Barbara Payton. L’Algiers Hotel era un rinomato "scopatoio". Un nano carogna di nome Mickey Cohen controllava i racket di Los Angeles dalla sua cella nel penitenziario di McNeil Island. In realtà Rin Tin Tin era femmina, in realtà Lassie era maschio. Los Angeles era un inferno fuligginoso che orbitava sotto una stella buia, accecato dal bagliore dei flash dei giornali scandalistici. Un abitante su tre era guardone o ladro o omosessuale o truffatore o fiuta mutande o prostituta o strafatto di ero o strafatto di anfe o magnaccia. Gli altri due terzi della popolazione erano composti di culistretti che cercavano di resistere all’impulso di sbirciare, rubare, truffare, omosessuare, strafarsi di ero/anfe, fiutare mutande. Tale abnegazione di massa aveva provocato una dislocazione sismica con conseguente scostamento di sei gradi di Los Angeles rispetto all’asse centrale del pianeta Terra.
A nove anni conobbi una versione concentrata di quanto sopra. La conobbi perché a Los Angeles ci ero nato e perché i miei genitori mi raccontavano storie di ogni tipo e bugie di ogni tipo. La conobbi perché leggevo libri e andavo al cinema e perché al Vangelo della Chiesa Luterana preferivo i giornali scandalistici. La conobbi perché il 22 giugno 1958 qualcuno trucidò mia madre e riuscì a passarla liscia.


p. 183
La morte di mia madre corruppe la mia immaginazione e corroborò la mia idea che in realtà esistessero due Los Angeles. Due Los Angeles parallele. Io razzolavo nell’artificiosamente integra Los Angeles. Visibile. Evocavo la Los Angeles Segreta come antidoto alla noia della Los Angeles Visibile.
La Los Angeles Segreta era SESSO. Era l’orrore e l’emozione di un bambino che sbatte il muso contro l’evidenza dell’esser nato da una scopata. Era la risata empia di mio padre e il decostruzionismo dei giornali scandalistici. I giornali scandalistici mostravano la fragilità e la disponibilità dei belli & mondani. I belli & mondani erano spinti e guidati da banalissima lascivia. Le loro pulsioni ce li avvicinavano. Se una certa sera il vento soffiava in un certo modo potevi avere la fortuna di fartene qualcuno.
La Los Angeles Segreta era CRIMINE. Era Stephen Nash che massacrava un ragazzino sotto il molo di Santa Monica. Era Harvey Glatman e le scalcinate fotomodelle che si divertiva a strangolare. Era Johnny Stompanato accoltellato dalla figlia di Lana Turner due mesi prima della morte di mia madre.
Il 22/6/58 il CRIMINE si fuse col SESSO. La mia Los Angeles Segreta annichilì quella Visibile.
Ci ho abitato per trentanove anni. Ho ricostruito la Los Angeles degli anni Cinquanta sia nella mia mente sia nei romanzi che ho scritto. Non ci ero venuto spregiudicato e non ne sono ripartito pregiudicato. Ho abitato nella Los Angeles letterale e ho sognato la mia Los Angeles personale. Dalla Los Angeles letterale me ne sono andato sedici anni fa. Ormai mi era troppo familiare. Dalla Los Angeles Segreta me ne sono andato un romanzo e un memoriale fa. Ero fermamente deciso ad abbandonare Los Angeles come scena narrativa. Correvo il rischio di abusarne.
Poi sono finito daccapo nella Los Angeles del ‘53. Un uomo ha fatto un film e ha ripristinato il mio ergastolo a Los Angeles.

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