14 agosto 2007

Democratici pacifisti e vincenti? Un falso storico smentito dai fatti

di Mauro della Porta Raffo

Il partito repubblicano viene fondato nel 1854: principale se non unico obiettivo, abolire la schiavitù. Il primo capo dello Stato repubblicano, eletto nel 1860, è Abraham Lincoln, la cui azione a favore dei neri non ha bisogno di essere illustrata. Il Congresso che adotta il XIII emendamento alla Costituzione (fine della schiavitù) è a maggioranza repubblicana.
Gli Stati del Sud che si oppongono, prima con la Guerra di Secessione e poi, fino agli anni Sessanta-Settanta del Novecento, sono tutti retti dai democratici (per fare solo due nomi, i governatori George Wallace in Alabama e Orval Faubus in Arkansas).

La Corte Suprema che negli anni Cinquanta e Sessanta, con le proprie sentenze, concede ai neri e alle altre minoranze i diritti civili è presieduta e guidata dal repubblicano Earl Warren. L’inquilino della Casa Bianca che invia la Guardia nazionale per far rispettare negli Stati del Sud democratici le sentenze di cui sopra è il repubblicano Dwight Eisenhower. Il presidente che per primo incarica un nero del più importante ministero è George W. Bush, che chiama alla segreteria di Stato il generale Colin Powell e, nel secondo mandato, Condoleezza Rice.
Ciò incontrovertibilmente ricordato, tutto il mondo, stampa e politici in prima fila, ritiene che i democratici siano a favore dei neri e delle altre minoranze razziali e i repubblicani contrari.

Ancora a proposito di repubblicani e democratici, vi hanno detto, vi dicono e vi diranno che i primi sono dei guerrafondai e che i secondi (Kennedy, naturalmente, in testa) sono dei veri pacifisti. Ora, guardando al Novecento, al momento in cui gli Usa sono entrati in una delle molte guerre del secolo, a quale schieramento apparteneva il presidente in carica?
Prima guerra mondiale: Woodrow Wilson, democratico, il quale, nel 1916, alla ricerca di una riconferma, aveva lasciato intendere che non sarebbe mai intervenuto nel conflitto; Seconda guerra mondiale: sia pure a seguito di Pearl Harbor, Franklin D. Roosevelt, democratico; guerra di Corea: Harry Truman, democratico; guerra del Vietnam: John Kennedy e Lyndon Johnson, democratici. Solo in occasione della guerra del Golfo il capo dello Stato era repubblicano (Bush padre), ma quello fu un conflitto combattuto sotto le bandiere dell’Onu. Si aggiunga che l’armistizio coreano fu concluso per volere del repubblicano Eisenhower, che nel 1952 aveva promesso di far cessare i combattimenti se eletto, e che il conflitto vietnamita trovò una sia pure "sporca" soluzione ad opera del repubblicano Richard Nixon (cessate il fuoco del gennaio 1973).

Democratici, quindi, i presidenti guerrafondai - è un dato di fatto - ma per tutti, in ogni parte del mondo, è il repubblicano Usa che vuole e fa la guerra e non quei santarellini dei colleghi di Bill Clinton, per parte sua capace di impartire ordini di bombardamento in diverse occasioni.

Veniamo al confronto politico. Su un totale di trentotto competizioni elettorali i repubblicani ne hanno vinte 23 (a 15) e i presidenti eletti appartenenti al movimento oggi di Bush sono complessivamente 16 contro i nove rivali. Ciò malgrado, i media, in Italia e nel mondo americanofobo, da sempre affermano che i democratici hanno avuto e hanno un maggior seguito tra gli elettori.
A partire dalla vittoria del già citato Eisenhower nel 1952 si è andata creando una situazione tale per cui i democratici per vincere devono obbligatoriamente proporre un pretendente che abbia molta voce in capitolo nel Sud. Guardando, infatti, alla carta geografica quale appare a elezione finita, gli Stati azzurri (è il colore che rappresenta i democratici) sono abitualmente quelli collocati su tutta la costa pacifica e nella parte superiore della costa atlantica. Tutti gli altri sono rossi (il colore dei repubblicani). Così stando le cose, la somma dei delegati alla quale hanno diritto gli Stati che votano repubblicano è tale da far trionfare appunto il candidato di quel partito. Kennedy, Jimmy Carter e Bill Clinton - i tre democratici che hanno raggiunto la Casa Bianca dopo il 1952 - sono riusciti nell’impresa proprio per avere conquistato alcuni territori del Sud andando contro tendenza.
Carter era della Georgia, Clinton dell’Arkansas e il vice di Kennedy, Lyndon Johnson, era un importantissimo leader politico texano. Gli uomini del Nord o di altre parti del Paese proposti dai democratici hanno più o meno largamente fallito. Se si guarda, quindi, in questo quadro, ai candidati democratici oggi in lizza, con grande difficoltà si può sostenere che abbiano davvero concrete possibilità di vincere il 4 novembre 2008. Nessuno tra loro - Hillary Clinton compresa - possiede le necessarie caratteristiche.

Ciò malgrado, gli stessi che a sinistra hanno sostenuto, fino allo spoglio delle schede, che Kerry avrebbe trionfato nel 2004, nulla avendo ragionato al riguardo, scrivono e scriveranno che la vittoria sarà democratica.
(Il Sole-24 Ore, 14/08/07)

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