02 giugno 2008

Inconfutabili falsità

Iran - 02.6.2008

Prosegue la campagna mediatica sulla minaccia iraniana, ora spunta la rete di al Qaeda

La notizia proviene da fonti del governo Usa, citate dalla rete Abc News, secondo cui negli ultimi mesi il governo iraniano avrebbe avuto dei colloqui con esponenti della leadership di Al Qaeda. Si tratta di alcuni membri della “rete del terrore”, che si trovano agli arresti in Iran dal 2003. Il leader del gruppo pare sia Saif al Adel, ricercato anche per gli attentati in Kenya e Tanzania del 1998. Oltre a lui, Suliman abi Ghaith, considerato uno dei portavoce di Al Qaeda, e una decina di altri militanti, tra cui due figli di Bin Laden, Saad e Hamza. Al Qaeda. Le fonti, interne al Pentagono rimaste anonime, sostengono che difficilmente Teheran li potrebbe liberare, ma si dicono preoccupate perché non conoscono la ragione di tali colloqui. Da tempo il governo statunitense preme affinché le autorità iraniane consentano l'estradizione dei militanti di Al Qaeda verso i paesi di origine, ma Teheran si è finora opposta. Gli esperti militari Usa sostengono che i miliziani qaedisti sono “congelati”, nel senso che vengono strettamente controllati nelle comunicazioni e negli spostamenti. L'Iran, tuttavia, potrebbe usarli come merce di scambio o come assicurazione: potrebbe minacciare di rilasciarli in caso di azioni ostili da parte statunitense, oppure, in caso di attacco da parte della stessa rete di al Qaeda, usarli come ostaggi. Di fatto, però, nelle ultime settimane la campagna mediatica attorno all'Iran e alla sua pericolosità si è fatta più pressante. Da un lato si accusa Teheran di sostenere le milizie sciite in Iraq, dall'altro, di stare ancora tentando di sviluppare armi atomiche. In entrambi i casi le accuse hanno destato il sospetto di essere gonfiate, o comunque divulgate secondo una tempistica precisa, il cui fine potrebbe essere quello di creare le basi di consenso per un attacco all'Iran. Ora al ventaglio delle accuse contro Teheran se n'è aggiunta un'altra, che nella vulgata dei titoli dei quotidiani potrebbe facilmente diventare un equazione: l'Iran tratta con Al Qaeda, dunque la rete del terrore trova asilo in Persia. Cinque anni fa la campagna in Iraq venne lanciata per il sospetto che Saddam Hussein possedesse armi di distruzione di massa e avesse rapporti con Al Qaeda.

Aiea. Venerdì 30 maggio, dopo la discussione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sul nuovo rapporto dell'agenzia atomica dell'Onu, Aiea, l'ex presidente iraniano Rafsanjani commentava indignato: “L'Aiea ci ha teso una trappola”. Il rapporto in cui l'Aiea chiede sostanziali chiarimenti a Teheran sul suo piano nucleare, sostiene, “rinnova passate denunce prive di fondamento e rappresenta una nuova trappola, perché l'Iran ha già risposto a tutte le questioni ancora aperte”. Anche l'ex negoziatore iraniano sul nucleare, Ali Larijani, ha commentato sfavorevolmente il rapporto, sostenendo che “se l'Aiea continua per questa strada, il Majlis (il parlamento, ndr) afrronterà la questione del nucleare delineando un nuovo limite alla cooperazione con l'agenzia”. La reazione iraniana è certamente legata al fatto che, non più tardi di una settimana fa, al vertice economico di Sharl el Sheik, il direttore dell'agenzia per il nucleare Mohamed El Baradei dichiarava: “non abbiamo visto indicazioni né concrete evidenze che l'Iran stia costruendo armi nucleari”. E ancora due mesi fa, nel precedente rapporto dell'Aiea, si sosteneva che “tutte le questioni in sospeso sono state chiarite con successo”. Il rapporto presentato oggi al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, invece, era di tutt'altro registro, e le maggiori agenzie stampa internazionali hanno titolato: “Il rapporto Aiea aumenta le preoccupazioni sull'Iran”. “Il rapporto di El Baradei esprime seria preoccupazione circa le prove che l'Iran sta lavorando a programmi con chiare applicazioni militari”, si legge nell'editoriale del New York Times del 28 maggio.
Reazioni. Il rapporto Aiea, secondo Gregory Schulte, delegato Usa alle Nazioni Unite “mostra forti motivi per sospettare che l'Iran abbia lavorato sottobanco, almeno fino a tempi recenti, per costruire una bomba”. Probabilmente l'espressione “recenti” stava ad indicare alcune scoperte di applicazioni militari iraniane, risalenti al 2004, ma non è stata chiarita. La controparte iraniana, Ali Ashgar Soltanieh, ha replicato che si tratta di accuse “senza fondamento e con prove fabbricate ad arte”. Così, mentre da Teheran si sostiene che “le accuse sono state smentite”, e si insiste perché l'agenzia atomica declassi il nucleare iraniano a un livello di “normale routine”, i maggiori media mondiali parlano di preoccupazioni e nuove ispezioni da svolgere.
Chiunque abbia ragione, il timore è che le voci di quanti premono affinchè la paura dell'Iran si faccia strada nell'opinione pubblica, stiano diventando sempre più forti.
Naoki Tomasini (PeaceReporter.it, 2/6/08)

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