03 settembre 2008

pagina 301:

Mi costrinsi a evitare di giudicare. Sapevo che i miei criteri di rifiuto per la teoria del serial killer erano in parte puramente estetici. I serial killer mi annoiano e mi danno ai nervi. Nella vita vera i serial killer sono una rarità statistica e una piaga dei mezzi di comunicazione. Romanzi, film, telefilm li celebrano come mostri e sfruttano il loro potenziale per dare succo a trame inerti. I serial killer sono unità maligne autonome. Servono a mettere in risalto piedipiatti banali. La maggior parte di essi ha subito orrendi traumi infantili, i cui particolari vanno bene per facili tirate pseudopsicologiche e li accreditano di un certo orgoglio vittimistico. I serial killer fanno paura quando scatenano il bambino irrisolto che hanno dentro. I loro comportamenti iperbolici affascinano lettori e spettatori, cui poi ripugnano le loro estasi demoniache. I serial killer sono aristocratici; sono alla moda, fascinosi e intriganti. Blaterano concetti nicciani. Sono enormemente più sexy di un coglione pervertito che fa fuori due donne per libidine e strizza, e per la perfetta pressione su un grilletto da due soli colpi.
Io stesso ho avuto a che fare con i serial killer. Tre romanzi fa li ho scentemente rifiutati. Servono al massimo come contorno. Da qualsiasi altro punto di vista letterario non valgono un cazzo.


(james ellroy - i miei luoghi oscuri) 

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